La ginecologia è una branca della medicina che si occupa talvolta della fisiologia, ma soprattutto della patologia inerenti all’apparato genitale femminile.
È ormai noto quanto prevenzione e diagnosi precoce rappresentino degli strumenti assai efficaci per la tutela della nostra salute. La donna ha da sempre un ruolo cardine all’interno della famiglia per la sua naturale predisposizione ad occuparsi anzitutto dei bisogni e della salute degli altri prima che di se stessa.
Come sostiene il Ministero della Salute “È attraverso la salute della donna che passa la salute della famiglia e della società”.
Per questa ragione, anche in ambito ginecologico, è fondamentale che una donna si sottoponga a controlli periodici ed esami specialistici in ogni fase della vita: a partire dall’adolescenza, passando per la maternità, fino ad arrivare alla menopausa.
Prevenzione e disturbi della manopausa:
Valutazione clinica mediante esami strumentali ed ematologici per l’individuazione di una personalizzata terapia sostitutiva ormonale e fitoterapia.
Stress ossidativo
L’osteoporosi è una malattia caratterizzata dalla riduzione della
quantità di tessuto osseo, che ne comporta una aumentata fragilità e
conseguente aumento del rischio di frattura.
Le cause che possono determinare l’insorgenza dell’osteoporosi sono
molteplici. Sicuramente l’età è il piu’ importante fattore di rischio
associato a perdita ossea: prima della menopausa il tasso di perdita
ossea è inferiore all’1%, ma dopo la menopausa questo tasso aumenta fino
al 5%, divenendo così insieme all’ereditarietà il fattore di rischio
piu’ importante. Un ‘altro elemento associato alla perdita ossea è lo
stato estrogenico. Nelle donne che non fanno uso di terapia ormonale
sostitutiva la perdita ossea risulta accelerata, tanto che nei primi 5
anni dopo la menopausa, si può avere a livello del collo del femore piu’
del 20% della perdita ossea che si ha durante la vita. Altri fattori
che preservano la densità dell’osso e riducono il rischio di Osteoporosi
sono l’introito di Calcio con la dieta, l’attività fisica regolare e
l’astinenza da tabacco. L’osteoporosi è inoltre una patologia solo
parzialmente reversibile. Per questo motivo è importante la diagnosi
precoce,che si può effettuare mediante MOC.
Cosa è esattamente lo stress ossidativo?
Lo stress ossidativo è una condizione patologica, trasversale a
molte malattie, note, derivante dalla rottura del fisiologico
equilibrio fra la produzione e l’eliminazione, da parte dei sistemi di
difesa antiossidante, di specie chimiche generalmente molto reattive,
comunemente chiamate “radicali liberi”. Normalmente l’organismo è in
grado di far fronte all’attacco di questi ultimi mettendo in atto una
serie di meccanismi protettivi, per lo più di natura enzimatica che
possono essere rinforzati dall’assunzione, dall’esterno di una serie di
micronutrienti contenuti in alimenti o integratori nutrizionali.
Quando l’efficenza della barriera di difesa antiossidante plasmatica si
abbassa, i radicali liberi, non più adeguatamente contrastati, possono
attaccare qualsiasi componente tissutale.
Lo stress ossidativo costituisce uno dei fattori di rischio emergenti per la salute.
Ad esso, infatti, risultanto associati non solo l’invecchiamento
precoce, ma anche una serie di quadri morbosi, spesso di natura
degenerativa a ad andamento cronico, che vanno dalla malattia di
Parkinson alla demenza di Alzheimer, dal diabete mellito all’obesità,
dall’ipertensione arteriosa all’aterosclerosi e persino al cancro nelle
sue diverse forme e localizzazioni.
È possibile misurare lo stress ossidativo?
Lo stress ossidativo può oggi essere agevolmente misurato grazie al Panel Test messo a punto dal chimico Mauro Carratelli, esame di semplice esecuzione che misura tramite un piccolo prelievo di sangue effettuato su una delle dita della mano, la quantità di radicali liberi e antiossidanti presenti nell’individuo esaminato.
Papilloma Virus Umano o HPV
Il Papilloma Virus Umano o HPV (acronimo di “Human Papilloma Virus” ) è un virus appartenente alla famiglia dei Papillomaviridae. Le infezioni da HPV sono estremamente diffuse e possono causare anche malattie della cute e delle mucose.
Solitamente l’infezione provocata da questo virus non causa nessuna alterazione e si risolve da sola. In una minoranza di casi invece provoca delle lesioni a livello del collo dell’utero. La maggior parte di esse guarisce spontaneamente ma alcune, se non curate, progrediscono lentamente verso forme tumorali. Il virus si contrae generalmente attraverso rapporti sessuali, ma non si possono escludere vie indirette dell’infezione come bocca e unghie.
L’infezione da HPV è asintomatica nella maggior parte dei casi. In alcuni casi, si può invece manifestare con condilomi acuminati in sede genitale (pene e vulva, perineo). Le lesioni da HPV del collo uterino possono essere riconosciute mediante il Pap test, la colposcopia o tecniche di patologia molecolare (HPV DNA Test) e le lesioni del pene mediante la penescopia.
HPV-DNA TEST
Questo test è in grado di rilevare la presenza di virus potenzialmente
oncogeni appartenenti alla grande famiglia degli HPV (Human Papilloma
Virus) causa indiscussa dei tumori del collo dell’utero.
La famiglia HPV è costituita da circa 100 tipi diversi. Tra questi
conosciamo tipi potenzialmente ad alto rischio oncogeno (HPV 16-18- 45 e
56 e, meno frequenti il 31-33-35-51-52) e tipi a basso rischio (HPV
6-11-42-43-44-54-55). Un test positivo all’HPV non significa
necessariamente che una donna svilupperà un cancro della cervice
uterina, ma fornisce informazioni su potenziali rischi e consente al
medico di effettuare controlli più accurati. Anzi la possibilità di
sviluppare un tumore maligno del collo dell’utero, anche in caso di test
positivo è minima.
Quando è indicato?
a) nello screening primario in aggiunta al Pap test (consentirebbe
l’allungamento del tempo di intervallo tra un Pap test e l’altro);
b) dopo un Pap test dubbio o indicante lesioni di basso grado (per selezionare i soggetti da inviare alla colposcopia);
c) follow-up delle CIN 1-2 (per predirne la regressione, persistenza o progressione);
d) follow-up di pazienti trattate per patologia cervicale.
Esiste una chiara evidenza in letteratura che la tipizzazione virale è
un metodo capace di migliorare l’efficacia dello screening. Tuttavia
l’applicazione di un test di ricerca del DNA dell’HPV in un programma di
screening, rimane ancora di difficile attuazione in quanto ancora molto
costoso e poco diffuso.
Più accettata è invece l’applicazione di test per la ricerca dell’HPV in donne che hanno avuto un esito anormale al Pap test.
L’esito negativo dell’HPV DNA test è in grado di escludere con buona
attendibilità la presenza di lesioni di grado superiore e pertanto offre
alla paziente che risulta negativa il conforto psicologico necessario
per affrontare più tranquillamente i controlli follow-up.
Infine, in un prossimo futuro, il test potrebbe venire ulteriormente
valorizzato dal sempre più probabile avvento di strategie vaccinali,
attualmente in sperimentazione.
Come si esegue?
Per effettuare il test si preleva un campione di cellule dal collo dell’utero come per un normale Pap test. Il campione, poi, viene immerso in un liquido per essere trasportato in laboratorio dove verrà analizzato.
PAP TEST
Il PAP TEST o test di Papanicolau (comunemente detto “striscio”) è un esame chiave nella prevenzione del tumore della Cervice Uterina (detta anche Portio).
Come lo si esegue:
Si pone la paziente sdraiata sul lettino in posizione ginecologica.
Quindi si inserisce in vagina lo speculum per visualizzazione della
cervice (collo utero). A questo punto, con una spatolina di legno (Ayre)
si prelevano dalla portio (collo dell’utero) le cellule di sfaldamento e
si strisciano su un vetrino. Con apposito bastoncino sormontato da una
spazzolina, si prelevano, dal canale cervicale, le cellule (cervical
brush) che vengono anch’esse strisciate sul vetrino e fissate con uno
spray.
L’esame non è doloroso e dura pochi secondi.
L’esame permette di evidenziare eventuali cellule patologiche tipiche di lesioni benigne (displasie o CIN) che, se non curate, possono, in tempi diversi e a seconda della loro gravità, degenerare verso forme maligne. La loro individuazione precoce tramite il Pap-test può prevenire l’insorgenza del tumore stesso, permettendo una cura completa delle lesioni, anche attraverso terapie ambulatoriali.
Inoltre l’esame permette di evidenziare o sospettare la presenza di alcune malattie sessualmente trasmissibili come l’infezione da Virus del PapillomaUmano (HPV) o infezioni provocate da altri patogeni locali (Batteri, Miceti, Trichomonas, Gardnerella, ecc.) che necessitano di terapie mirate.
HPV RNA TEST
Cos’è
Oggi le infezioni da HPV sono monitorate principalmente attraverso
HPV-DNA test, ovvero tramite metodiche qualitative. Un importante limite
delle metodiche a DNA è quello di non riuscire a distinguere gli HPV
che esprimono attivamente le proteine oncogeniche da quelli che, se pur
presenti, non le esprimono in maniera attiva. Il test HPV ad RNA
messaggero (mRNA) si basa su una metodica altamente automatizzata che
consente di identificare la presenza di HPV ad alto rischio attraverso i
trascritti virali E6/E7. Il rilevamento dei trascritti a mRNA si è
rivelato un utile indicatore prognostico della progressione delle
lesioni verso il cervicocarcinoma in quanto fornisce informazioni
sull’attività del virus. Infatti per la trasformazione maligna, è
richiesta l’espressione degli oncogeni E6/E7, in quanto le relative
proteine inibiscono in maniera sinergica l’azione degli oncosoppressori
cellulari p53 e pRb. L’analisi trascrizionale di E6/E7 è quindi un
valido indicatore del diretto coinvolgimento degli oncogeni virali nel
processo di cancerogenesi, ed è perciò utile per la stratificazione del
rischio nelle donne con infezione virale persistente e progressiva. La
presenza di tali trascritti è direttamente correlata al rischio di
sviluppare un tumore.
Vantaggi
Il test HPV-mRNA APTIMA evidenzia la presenza di infezione da HPV per 14 genotipi ad alto rischio:
- evidenzia le lesioni precoci che non sono ancora diagnosticabili citologicamente con il PAP test.
- discrimina tra un’infezione pregressa o latente e un’infezione attiva dove il virus è in fase replicativa, ovvero clinicamente pericoloso.
LEEP (Loop Electrosurgical Exicision Procedure)
Che cos’è la LEEP?
L’acronimo LEEP sta per “Loop Electrosurgical Exicision Procedure”, che tradotto in italiano significa procedura di escissione elettrochirurgica ad ansa. Molti altri acronimi (LLETZ – Large Loop Excision of the Transformation Zone, LLEC – Large Loop Excision of the Cervix, conizzazione ad ansa) vengono usati per descrivere questa metodica. Si tratta di una tecnica che serve a diagnosticare e/o curare il collo dell’utero di donne con Pap-test anomalo. La LEEP utilizza un generatore di energia elettrica ad alta frequenza, attaccato ad un sottile filo ad ansa che, quando stimolato, funziona come un bisturi preciso e rapido. Questo strumento viene diretto verso un’area anormale del collo dell’utero e può essere usato per rimuovere il tessuto anormale in modo rapido, efficace ed indolore.
Quando è indicata la LEEP?
La LEEP è indicata in tutte le donne con Pap-test significativamente anomalo a scopo diagnostico e/o terapeutico. Viene eseguita sotto visione colposcopica, in quanto l’ingrandimento garantisce una migliore visualizzazione delle aree anomale presenti sul collo dell’utero. Il tessuto prelevato viene inviato ad un laboratorio di patologia per una diagnosi accurata.
Come si fa la LEEP?
La LEEP è una procedura che viene eseguita in regime ambulatoriale o di Day-Hospital da un ginecologo esperto. Il tessuto prelevato durante la procedura viene inviato ad un patologo esperto per l’analisi al microscopio.
In primo luogo è necessario che la paziente svuoti la vescica, che tolga tutti gli abiti al di sotto del punto vita e che si distenda sul lettino ginecologico appoggiando la schiena e posizionando i piedi negli appositi supporti metallici. Questa posizione è necessaria affinché il ginecologo possa esaminare la vagina e l’area genitale.
A questo punto, egli introdurrà uno strumento in vagina chiamato speculum, allo scopo di allontanare fra loro le pareti vaginali e di consentire così la visualizzazione dell’interno della vagina e del collo dell’utero. Il colposcopio verrà quindi posizionato all’ingresso della vagina in modo che il ginecologo, guardando attraverso il microscopio, abbia una visione ingrandita della superficie della vagina e del collo dell’utero. Le superfici da esaminare verranno quindi delicatamente tamponate con un batuffolo di cotone imbevuto di acido acetico e, talvolta, di una soluzione iodata (soluzione di Lugol). Queste sostanze, applicate sulle mucose in esame, hanno infatti la capacità di mettere in risalto le aree anomale presenti.
Una volta identificate le aree anomale, l’operatore inietterà nella cervice una piccola quantità di anestetico locale. A questo punto la paziente sentirà due suoni: il ventilatore di una macchina di aspirazione del fumo che si genera durante la procedura ed un segnale ronzante che indica che il generatore di energia elettrochirurgica è in azione. L’aspirazione viene avvertita come una brezza fresca. Il taglio elettrochirurgico è del tutto indolore o può essere avvertito come una lieve sensazione di calore, che si accompagna ad un odore di carne bruciata.
Dopo l’asportazione del piccolo pezzetto di tessuto da rimuovere, l’operatore usa l’apparecchiatura per coagulare i vasi sanguigni sul collo dell’utero, prevenendone o fermandone il sanguinamento. Anche questa fase della procedura è del tutto indolore. Talora, per ridurre ulteriormente il rischio di sanguinamento, il ginecologo può ritenere utile l’applicazione di soluzioni antiemorragiche.
Infine, lo speculum che è stato introdotto nelle vagina viene rimosso e la procedura è completata.
Nel complesso, la procedura dura da 10 a 15 minuti a partire dal momento dell’anestesia locale.
Come bisogna prepararsi alla LEEP?
Dato che la procedura viene effettuata contestualmente alla Colposcopia, per la preparazione alla LEEP sono validi gli stessi, semplici accorgimenti da osservare prima di una colposcopia.
Non usare lavande, ovuli, creme vaginali, né tamponi nelle 48 ore precedenti la LEEP. Sarebbe preferibile inoltre evitare rapporti sessuali in questo lasso di tempo. Sia il traumatismo legato all’atto sessuale che l’uso di sostanze intravaginali possono infatti variamente alterare o mascherare le cellule della superficie del collo dell’utero.
E’ necessario effettuare la LEEP in un periodo del ciclo in cui non vi siano mestruazioni né perdite ematiche, in quanto la presenza disangue potrebbe interferire con una buona visualizzazione delle caratteristiche della mucosa in esame. Il momento migliore per effettuare la procedura è infatti nella fase precoce del ciclo mestruale, cioè a 10-20 giorni dalla comparsa della mestruazione.
Non occorre alcuna preparazione intestinale particolare. Il giorno della procedura si può mangiare normalmente.
Cosa bisogna aspettarsi dopo la LEEP?
- Subito dopo la procedura è normale avere perdite disangue di colore marrone scuro/nero. La quantità e la durata di queste perdite è estremamente variabile; in genere si tratta di un sanguinamento contenuto che solo raramente si protrae per più di 15 giorni. Può essere comunque utile usare assorbenti igienici (non un tampone). In alcuni casi la perdita di sangue può avere colore rosso vivo, particolarmente tra il sesto ed il quattordicesimo giorno dalla procedura.
- Il dolore non è un sintomo riportato frequentemente. Talora possono tuttavia comparire, specie nel giorno successivo all’esecuzione della procedura, dei leggeri crampi al basso addome, simili al dolore mestruale. In questi casi è possibile usare un comune antidolorifico).
- Il lavoro e le normali attività quotidiane possono essere riprese il giorno stesso. L’attività fisica pesante andrebbe invece sospesa per i 3 giorni successivi alla procedura.
- Per 3-6 settimane dopo la procedura, la paziente dovrebbe evitare rapporti sessuali, uso di tamponi, ovuli, creme, irrigazioni vaginali (salvo specifica prescrizione) nonché bagni in acqua calda o con idromassaggio.
Quali sono i rischi della LEEP?
La LEEP è una procedura semplice, minimamente invasiva, quasi del tutto indolore da effettuarsi in regime ambulatoriale o di Day-Hospital.
Rischi e complicanze si verificano in un numero estremamente ridotto di pazienti. Essi comprendono:
- Sanguinamento imponente (superiore a quello di un normale flusso mestruale)
- Emissione disangue misto a coaguli
- Dolori addominali acuti
- Febbre
- Perdite maleodoranti
- Incompleta rimozione del tessuto anomalo
- Restringimento dell’orifizio cervicale (stenosi cervicale)
- Infezione
- Taglio o bruciatura accidentale di tessuto normale (generalmente a causa dei movimenti della paziente durante la procedura).
Bisogna fare dei controlli dopo la LEEP?
In genere la prima visita di controllo viene programmata a 3 mesi dalla procedura. Le visite successive saranno effettuate per il primo anno ogni 3 mesi, per il secondo ogni 6 mesi e successivamente con cadenza annuale.
La paziente dovrebbe contattare invece immediatamente il proprio ginecologo qualora compaia uno o più dei seguenti sintomi:
Sanguinamento superiore a quello di un normale flusso mestruale, emorragia e/o emissione di coaguli.
Dolori addominali molto forti, non responsivi ai comuni antidolorifici.
Febbre superiore a 38.5°C.
Perdite maleodoranti, con emissione di pus o con altre caratteristiche che preoccupano la paziente.
Ci sono effetti a lungo termine dopo la LEEP?
Non ci sono studi a lungo termine che hanno valutato specificamente questa procedura riguardo alla fertilità, alla gravidanza, al parto. Tuttavia l’effetto sul collo dell’utero è pari o minore a quello associato ad altre procedure quali il laser, la conizzazione chirurgica o laser. Con la sola eccezione della conizzazione cervicale profonda, nessuna di queste procedure sembra associata ad un incremento del rischio di sterilità, aborto o parto prematuro. Di conseguenza, a meno che il taglio con l’ansa non sia insolitamente esteso, è estremamente verosimile che la LEEP non si associ ad un aumento del rischio di tali effetti collaterali.
Sembra anzi che la maggior parte delle pazienti sottoposte a LEEP, abbiano una maggiore facilità all’atto del primo parto. Dati preliminari sulla fertilità dopo la procedura sembrano inoltre eccellenti.
ECOGRAFIA GINECOLOGICA E TRANSVAGINALE
L’introduzione delle sonde transvaginali (TV) in Ecografia Pelvica T.V. ha determinato una rivoluzione in campo ginecologico: da semplice strumento diagnostico l’ecografia è diventata uno strumento di screening.In quanto tale , si deve ritenere parte integrante della visita ginecologica all’atto del primo controllo e periodicamente.
Con l’ecopelvica TV si controllano:
- ecopattern endometriale
- pareti uterine
- ovaie
- (pelvi in senso lato)
Lo spessore e le caratteristiche dell’endometrio (ecopattern endometriale) permettono di stabilire se, per l’età della paziente e la fase del ciclo (quando presente), siamo di fronte ad un endometrio normale o patologico. Nel primo caso, quando l’endometrio è sottile (3-4 mm) in menopausa o normalmente proliferativo o secretivo in età fertile, la donna può stare
tranquilla per un certo periodo (1-2 anni). Se invece l’endometrio è ispessito e/o irregolare il sospetto di una patologia uterina endocavitaria impone di eseguire un esame endoscopico ambulatoriale : l’isteroscopia.
Lo studio ecografico TV delle pareti uterine così come della morfologia dell’utero e della sua cavità esula dalla finalità di screening e trova la sua indicazione nello studio dell’ infertilità femminile.
Inoltre si puo’ studiare e stabilire tuttavia se il volume di un mioma uterino si mantenga stabile o stia crescendo in maniera rapida è fondamentale nella prevenzione della degenerazione maligna del fibromioma stesso (sarcoma).
I massimi risultati della funzione preventiva della sonografia si hanno nello studio dell’ovaio. Le neoplasie ovariche sono molto spesso asintomatiche fino allo stadio metastastico e la semplice visita ginecologica annuale dà risultati deludenti nella diagnosi precoce. L’ecografia transvaginale ha un’ elevata sensibilità
(> 95 %) nell’identificazione di neoplasie ovariche allo stadio iniziale distinguendo questi casi dalle cisti ovariche benigne .
La sensibilità della metodica aumenta se si associa il marcatore ematochimico CA 125
DOPPLER FLUSSIMETRIA IN GINECOLOGIA
Si esegue a vescica moderatamente piena, con un doppler a colori fornito di “power o energy doppler” (una particolare, sofisticata applicazione del doppler colore che permette di visualizzare anche flussi molto lenti in vasi molto piccoli). Si inizia con una sonda addominale che serve per una visione panoramica della vascolarizzazione pelvica. Solitamente, in un secondo tempo, si svuota la vescica e si passa poi ad un’osservazione transvaginale. Si utilizza una sonda interna che permette la migliore visualizzazione dei vasi uterini ed ovarici. L’esame non è fastidioso. Può durare dai 10 ai 20 minuti.
Lo scopo di questo esame è duplice:
Permette di visualizzare e studiare il tipo di vascolarizzazione di masse ginecologiche. E’ infatti noto che i tumori presentano una vascolarizzazione diversa a seconda della loro natura. Con tale esame si diagnostica infatti il grado di malignità di una massa ovarica.
Permette di studiare la vascolarizzazione di un utero normale o affetto da una malformazione. Si conosce infatti che la vascolarizzazione uterina è un elemento fondamentale per comprendere la capacità gestazionale di un utero. L’esame è importantissimo nelle sterilità e poliabortività.
In quale misura questo esame dipende dall’esperienza e dalle capacità dell’operatore:in misura totale. L’esame deve essere affidato eslusivamente ad un operatore molto esperto.
ECOGRAFIA GINECOLOGICA 3D
Ecografia pelvica transvaginale tridimensionale o 3D
L’ecografia pelvica transvaginale tridimensionale è, attualmente, con buona probabilità la miglior tecnica disponibile nello studio della forma della cavità uterina, per la localizzazione di polipi o fibromi, sia prima dell’intervento di chirurgia isteroscopica praticato per la loro rimozione, sia dopo l’intervento chirurgico per sincerarsi della riuscita ottimale dell’intervento e, soprattutto, per essere sicuri che non vi sia stata una recidiva.
L’esame, dalla paziente, si svolge con una normale ecografia pelvica transvaginale, con la differenza, però, è l’apparecchiatura tipo in uso deve essere dotato sia della sonda vaginale tridimensionale e del programma specifico per la ricostruzione tridimensionale e multi-planare della cavità uterina in particolare, oltreché dei restanti organi pelvici in generale. L’esame è di durata variabile e, a meno che il ginecologo non dia particolari indicazioni, non richiede una preparazione particolare.
L’ecografia pelvica transvaginale tridimensionale o 3D è da considerarsi fondamentale per la diagnosi delle malformazioni uterine che coinvolgono la cavità endometriale (Utero didelfo, utero bicorne, utero setto, utero a sella, utero unicorne…), ed anche per il controllo della forma della cavità uterina dopo l’intervento chirurgico isteroscopico (chirurgia resettoscopica) volto alla correzione delle anomalie di forma della cavità uterina.
Rappresenta un affidabile e accurato esame per la diagnosi di malformazioni uterine con un impatto importante sull’infertilita’e poliabortivita.
CONTRACCEZIONE
Per contraccezione si intende il complesso delle tecniche
anticoncezionali, ossia dei mezzi utilizzati per programmare o impedire
il verificarsi di una gravidanza. In generale, a prescindere dall’età,
la pianificazione della gravidanza permette di ridurre l’esposizione a
fattori di rischio e di adottare interventi protettivi per la salute
come l’assunzione di acido folico già nel periodo preconcezionale. Per
contro le gravidanze non desiderate comportano maggiori conseguenze per
la madre (ad esempio maggiore frequenza di depressione postpartum) e per
il bambino (nascita pretermine, basso peso alla nascita etc). La
contraccezione protegge dalle gravidanze indesiderate e, alcuni metodi,
anche dalle malattie a trasmissione sessuale.
Scopo della contraccezione è quello di controllare, in modo temporaneo e reversibile il processo della riproduzione.
Esistono diversi metodi contraccettivi:
alcuni si usano prima del rapporto sessuale come i contraccettivi
ormonali (pillola estroprogestinica, anello contraccettivo, cerotto
transdermico, contraccettivo sottocutaneo), dispositivi intrauterini
(IUD comunemente detta spirale)
altri si usano durante il rapporto sessuale come i metodi di barriera
(preservativo o condom, diaframma, metodi chimici, spermicidi (capsule,
ovuli, gelatine, creme).
e poi esistono metodi naturali (metodo Ogino-Knaus, metodo della temperatura basale, metodo Billings, coitus interruptus)
I metodi chirurgici (sterilizzazione tubarica per la donna e
vasectomia per l’uomo) non possono essere considerati metodi
contraccettivi perché, ad oggi, la loro reversibilità non è garantita.
Ogni metodo contraccettivo presenta caratteristiche proprie, che possono
essere adatte ed accettate da una donna ma non da un’altra. Le modalità
di azione e le eventuali controindicazioni, la sicurezza, la facilità
d’uso, la reversibilità, i possibili effetti collaterali devono essere
conosciuti, in modo che ciascuna donna e ciascuna coppia possa farsi una
prima idea su quale metodo sia più adatto alle proprie esigenze.
La conoscenza dei vari metodi contraccettivi è naturalmente solo il
primo passo, in seguito, per una scelta ottimale, il passo successivo è
quello di rivolgersi con fiducia al proprio medico, al consultorio
familiare o ad altre strutture del Servizio Sanitario Nazionale.
Contraccezione di emergenza
La contraccezione di emergenza ha lo scopo di evitare una gravidanza indesiderata dopo un rapporto sessuale non protetto o non protetto adeguatamente.
Il termine “emergenza” sottolinea che questa forma di contraccezione deve rappresentare una misura occasionale e non sostituire un regolare metodo contraccettivo. Non si tratta, infatti, di una pillola che può essere assunta dopo ogni rapporto sessuale.